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EROGATORI

Parte fondamentale nell'equipaggiamento di un subacqueo la svolge l'erogatore (non a caso in molti lo definiscono il "fedelissimo compagno d'immersione") è quindi importante che esso sia sempre mantenuto in costante efficienza al fine di garantirci tante immersioni sicure e divertenti.
Solo un minimo di cura ed attenzione sono necessarie per mantenere la vostra unità scuba in perfette condizioni. La manutenzione ordinaria consiste , dopo essersi assicurati che l'ingresso d'aria al primo stadio sia stato chiuso dal relativo tappo di protezione , nel tenere immerso l'erogatore in acqua dolce leggermente tiepida per circa 10 minuti senza premere il pulsante di erogazione, dopo ogni giornata di immersione.
Altri accorgimenti ci consentiranno di preservare il nostro erogatore da guasti o malfunzionamenti:
1) Assicurarsi ,all'atto del montaggio dell'unità scuba, che non vi siano residui di acqua nei rubinetti della bombola
2) Tenere premuto il pulsante di erogazione ogni volta che si dà pressione al sistema.
3) Vuotare da eventuali residui di acqua il tappo di protezione del 1° stadio.

Il lavoro di manutenzione , che vada oltre i semplici accorgimenti sopra descritti, va demandato ad un centro tecnico abilitato e dovrà essere effettuato con scadenza annuale o ogni 50 immersioni.

Tipologia e funzionamento degli erogatori

Come detto prima l'erogatore consente di ridurre la pressione dell'aria contenuta nella bombola ad un valore corrispondente a quello ambiente.
Se la riduzione avviene con un unico balzo di pressione l'erogatore sarà detto " Monostadio ", se invece tale riduzione viene effettuata in due fasi avremo l'erogatore " Bistadio " . Inventato nel lontano 1942 da Cousteau e Gagnan, l'erogatore monostadio oggi non viene più prodotto, tralasceremo quindi il suo funzionamento, per dare più spazio ai ben più innovativi Bistadio.

Illustrazione : erogatore bistadioL'erogatore Bistadio, lo dice anche il nome, si compone di due parti principali :
il primo stadio , più massiccio generalmente costruito in ottone cromato o satinato ed il secondo stadio , collegato al primo tramite una frusta, è una scatola in ottone cromato o fibre plastiche ad alta resistenza.
Il primo stadio riduce la pressione dell'aria ad un valore 8/12 atmosfere rispetto alla pressione ambiente, tale riduzione avviene mediante un pistone o una membrana bilanciate da una molla pretarata : in sostanza , all'interno del corpo del primo stadio, c'è una camera detta di espansione dove appunto l'aria ad alta pressione proveniente dalla bombola si espande riducendosi; quando questa raggiunge un valore di 8/12 bar superiore alla pressione ambiente (che si somma alla pressione della molla) agisce sul pistone o la membrana , spostandoli , fino a chiudere il foro stesso di mandata.

I primi stadi si suddividono in due tipi : Non Bilanciati e Bilanciati . Illustrazione 1° stadio non bilanciato

In un primo stadio non bilanciato l'erogazione è consentita dall'azione dell'alta pressione sulla superficie P1 della pastiglia.
Se la pressione della bombola diminuisce, si riduce la spinta esercitata su P1 e proporzionalmente diminuisce la pressione intermedia e l'erogazione.
La pressione ambiente agisce sulla superficie P2 , un suo incremento determina un aumento della pressione intermedia esercitata sulla faccia superiore della testa del pistone P3 . Questi incrementi sono uguali ma si esercitano su superfici di grandezza differente (la superficie interna della testa del pistone P2 è più piccola di quella esterna P3 ).
Illustrazione 1° stadio bilanciatoLa pressione intermedia subisce così un aumento proporzionalmente inferiore a quello della pressione ambiente, perchè la stessa forza agisce su una superficie maggiore . Si avrà quindi una minore erogazione a profondità maggiori.

Nel primo stadio bilanciato sono stati eliminati tali problematiche staccando semplicemente la pastiglia dal pistone che ha il gambo a sezione cava; di conseguenza la pressione della bombola non viene più esercitata su di una superficie , ma l'aria scorre liberamente nel gambo del pistone; perciò l'erogazione è indipendente dalle variazioni dell'alta pressione.
Le due superfici P2 e P3 sono pressochè uguali, ciò riduce al minimo la differenza tra l'aumento della pressione ambiente e l'incremento della pressione intermedia.

Il secondo stadio è composto di:

1) una scatola o corpo
2) un pistoncino
3) una molla pretarata
4) una leva
5) una membrana
6) una valvola di non ritorno
7) un boccaglio

L'aria , proveniente dal primo stadio tramite la frusta, arriva al secondo stadio con una pressione che va dagli 8 ai 12 bar (a seconda degli erogatori) e si arresta in prossimità del pistoncino che , coadiuvato dalla spinta di una molla pretarata, chiude il sistema . Il pistone è collegato alla leva posta sotto la membrana , che come un coperchio chiude ermeticamente la scatola del secondo stadio . Possiamo definire questo sistema a richiesta d'aria.
L'erogatore a richiesta d'aria , comunque congeniato , eroga aria soltanto a richiamo e questo non solo all'atto del distacco (cioè l'allontanamento del pistoncino dalla sede di chiusura) ma anche per l'intera fase inspiratoria; in altre parole, il sub deve esercitare un prolungato ed intenso sforzo polmonare che aumenta in proporzione alla quantità d'aria richiesta ed alla profondità.
La spiegazione del fenomeno è semplice, se si schematizza l'atto inspiratorio nelle due seguenti fasi.
Prima fase ( Fig. 1 ): con l'atto inspiratorio si crea una leggera depressione all'interno della scatola del secondo stadio e ciò fa introflettere la membrana che, agendo sulla leva, provoca l'apertura del pistoncino posto alla fine della frusta , l'aria affluisce nella scatola di equilibrio e può essere respirata.
Seconda fase ( Fig. 2 ): l'aria erogata , oltre ad uscire dal boccaglio invade la scatola del secondo stadio e, creando un controflusso, tende a provocare il sollevamento della membrana e della leva, provocando l'arresto dell'erogazione .
Per vincere questo effetto il sub deve continuare a "succhiare" aria, il che provoca un lavoro polmonare intenso, prolungato, ed altamente faticoso.


Fig. 1

figura 1
Prima fase: si crea una leggera depressione all'interno della scatola del secondo stadio

Fig. 2

figura 2
Seconda fase: l'aria erogata invade la scatola del secondo stadio  creando un controflusso

Misurando al banco prova i valori dello sforzo d'inspirazione che sono necessari per ottenere le varie quantità d'aria, si ottiene la curva caratteristica dell'erogatore a richiamo ( Fig. 3 ) che , ovviamente, varia secondo la profondità di impiego.
Sull'asse verticale sono indicati i valori della "Portata" cioè della quantità d'aria fornita dall'erogatore ; sull'asse orizzontale i valori dello sforzo d'inspirazione.
Risulta chiaro che le curve saranno tanto più faticose e di scarsa portata, quanto più risulteranno a destra ed in basso.

Fig. 3

figura 3
Erogatore a richiamo : curva  dello sforzo di inspirazione

Fig. 4

figura 4
Erogatore a richiamo : diagramma dello sforzo polmonare

 

Dal diagramma ( Fig. 4 ) risulta che lo sforzo polmonare è tanto maggiore quanto più grande è la quantità d'aria richiesta. In profondità le cose peggiorano perchè la quantità di aria necessaria aumenta drasticamente e l'accresciuta densità e viscosità dell'aria stessa rende intollerabile lo sforzo inspiratorio.
Con il passare degli anni , le aziende costruttrici, nel tentativo di migliorare le prestazioni, hanno cercato, con successo, di ridurre al minimo questo sforzo respiratorio al fine di rendere le immersioni più sicure e divertenti.
Il sistema di erogazione ad offerta, più comunemente chiamato "iniezione", non deve costringere il sub a succhiare l'aria, ma deve invece "offrirla" secondo l'esigenza e senza richiedere sforzo.
La respirazione ad offerta si ottiene mediante lo sfruttamento del principio Venturi ( Fig. 5 ): all'apertura del pistoncino del 2 stadio il getto d'aria , a pressione ambiente, viene guidato direttamente verso il boccaglio mediante un tubetto iniettore e, per l'effetto Venturi, provoca una depressione nella scatola del 2 stadio, questa depressione mantiene abbassata la membrana ED ELIMINA OGNI SUCCESSIVO SFORZO INSPIRATORIO ( Fig. 6 ).

Fig. 5

figura 5

Erogatore ad offerta : all'apertura del pistoncino del 2 stadio il getto d'aria viene guidato direttamente verso il boccaglio mediante un tubetto iniettore

Fig. 6 figura 6
Erogatore ad offeta : diagramma dello sforzo polmonare

Per illustrare il sottostante diagramma ( Fig. 7 ) dobbiamo precisare che il leggero sforzo di inspirazione che figura a destra dello zero è quello necessario al "distacco", cioè corrisponde all'impulso iniziale che "innesca" l'erogazione provocando l'apertura del pistone. Successivamente subentra l'iniezione e l'erogatore fornisce aria senza sforzo e con un ottima sensibilità.
Per raffigurare questa azione favorevole, è stato necessario estendere il diagramma a sinistra dello "sforzo zero" e creare la nuova zona della "inspirazione agevolata".

Fig. 7

figura 7
Erogatore ad offerta : curva  dello sforzo di inspirazione

figura 8Per arrestare l'erogazione sarà sufficiente una leggera contropressione, che in pratica si crea cessando l'inspirazione .
Un esempio di quanto essa sia minima si può avere avvicinando il pollice al boccaglio durante la fase di innesco : qualche millimetro prima di toccarlo, l'effetto "Venturi" cessa a causa dell'ostacolo che fa subito equilibrare la pressione, risollevare la membrana e cessare l'erogazione.
L'elevata sensibilità dei secondi stadi ad iniezione ha portato, al fine di gestire al meglio l'effetto Venturi, alla creazione di "deflettori di flusso" regolabili atti a consentirci una migliore "personalizzazione" di tale effetto.

 

 

 

L'importanza di una periodica revisione delle attrezzature scuba, è fondamentale per chi pratica l'immersione subacquea sia essa ricreativa, tecnica o commerciale .
Il malfunzionamento o peggio ancora la rottura, dell'apparato scuba, potrebbe mandare a monte la giornata, magari dopo esserci imposti una levataccia ed aver percorso svariati chilometri per arrivare al luogo d'immersione.Ma il guaio peggiore sarebbe quello di avere un'improvvisa rottura del sistema magari mentre stiamo tranquillamente osservando una parete a - 33 mt.Anche se le conseguenze fossero ridotte al solo spavento, nessun subacqueo vorrebbe vivere una tale esperienza; ed è per questo motivo che un sub coscienzioso, che pratichi l'attività con frequenza costante per tutto l'arco dell'anno, faccia controllare e/o revisionare il suo erogatore presso un centro di assistenza tecnica specializzato, di sua fiducia, almeno una volta l'anno.  La tendenza, purtroppo, è quella di portare l'erogatore non a revisionare, ma a riparare, una buona percentuale di subacquei affida i propri erogatori ad un tecnico, quando ormai la loro condizione di utilizzo è ridotta ad un bel fiorire di ossido e concrezioni, ed il loro impiego risulta impossibile.

All'interno degli erogatori vi sono delle parti in movimento, generalmente in ottone o acciaio, la cui tenuta alla pressione interna ed esterna, è demandata a delle guarnizioni di tipo"O-RING", la formazione di incrostazioni dovuta all'ingresso accidentale di acqua salmastra, l'usura stessa delle guarnizioni o-ring, la scarsa lubrificazione delle parti di scorrimento, una errata manutenzione, un lungo periodo di inattività, sono tutte condizioni che possono contribuire al malfunzionamento dell'erogatore.

L'erogatore, come una macchina, deve essere calibrato su determinati valori dati dal costruttore stesso, quindi portare l'erogatore ad un centro specializzato, ci garantirà la competenza e l'ausilio di una strumentazione adatta per una taratura ottimale del sistema.


Inoltriamoci ora in una officina , la prima cosa che ci colpisce è una macchina cromata con acclusa una rubinetteria tipo bibombola, e quattro strumenti che indicano: pressione di alimentazione, pressione minima di alimentazione (20 bar), pressione di taratura del 1 stadio e indicatore di sforzo di inspirazione.
Notiamo poi una serie di chiavi " dedicate" per lo smontaggio dei più svariati modelli di erogatori.

Un tecnico al lavoro ci illustra come viene effettuata una revisione:

come prima operazione si scollega il primo stadio dal secondo, vengono tolte eventuali fruste (jacket, manometro, octopus, etc.) e si comincia lo smontaggio del corpo del primo stadio (in questo caso un "pistone bilanciato") togliendo tutti i tappi delle uscite ausiliarie, viene poi posizionata una chiave alla presa di alta pressione che consente di : bloccare il corpo dell'erogatore in morsa senza danneggiarlo, svitare il cappuccio dove ha sede la camera di bilanciamento ed estrarre il pistone; poi il trattenitore della brida da cui si estrae il filtro sinterizzato, ed infine il tappo portapastiglia.

erogatore2_03.jpg (20417 byte)
pezzi componenti il
primo stadio

erogatore2_04.jpg (15511 byte)
pezzi componenti il
secondo stadio

Tolte tutte le guarnizioni O-ring dalle loro sedi, l'erogatore (a pezzi) finisce dentro una vasca ad ultrasuoni con una soluzione disincrostante atta a neutralizzare l'azione salina; lo stesso procedimento lo subisce il secondo stadio dopo essere stato separato da tutto le parti in gomma, che verranno lavate con un semplice detergente.

Terminato il lavaggio, tutte le parti componenti l'erogatore vengono immerse in acqua e poi asciugate, le guarnizioni vengono sostituite con delle nuove (tassativamente originali ) ,e si inizia il procedimento di assemblaggio delle parti (un primo stadio a pistone è composto da ben 42 tra pezzi e guarnizioni).

Terminato il montaggio inizia la fase più delicata dell'intera operazione: la taratura del primo e del secondo stadio.


L'erogatore viene collegato alla macchina, il primo stadio viene portato alla pressione di esercizio ottimale (data dal costruttore), poi è la volta del secondo stadio, qui con l'ausilio di "Dime" di regolazione e di un sensibilissimo indicatore di sforzo inspiratorio/espiratorio, chiamato MAGNHELIC, si regola lo sforzo ottimale di innesco del sistema di respirazione, viene provata l'alimentazione minima a 20 bar, poi il tutto viene lasciato in pressione per circa 30 minuti, allo scopo di verificare se nel sistema ci sia una perdita.

Tutti gli erogatori sottoposti a revisione dovrebbero essere accompagnati da una scheda che, oltre a funzionare da garanzia, indichi : il tipo e la matricola dell'erogatore, il lavoro effettuato ed eventuali parti sostituite, pressione di taratura, sforzo respiratorio, data di presa in carico, giorni di lavorazione, data di resa, sede nella quale viene effettuata la revisione ed infine nome e firma del tecnico.
Questa scheda seguirà passo passo l'erogatore, come una cartella clinica e consentirà di sapere il tipo di interventi effettuati, le parti sostituite, e l'ultima revisione effettuata.

 

  DOWNSTREAM O UPSTREAM ?

La quasi totalità degli erogatori oggi in commercio, utilizza nel 2° stadio il sistema "Downstream". Questo sistema, con un meccanismo molto semplice che consiste nel movimento di un singolo componente, venne introdotto agli inizi degli anni 60 solamente nei 1° stadi.
Questo concetto è sopravvissuto a 30 anni di evoluzione, rimanendo praticamente inalterato.

Il design del pistone "Downstream" fa si che l'estremità del pistone sia direttamente esposta alla forza dell'aria proveniente dalla bombola, questa forza diminuisce in proporzione alla diminuzione della pressione della bombola. La variabilità della pressione in entrata influenza la quantità di pressione intermedia richiesta per stabilizzare completamente il pistone e fermare il flusso d'aria alla fine del ciclo di inspirazione.
Questo tipo di primo stadio è detto: non bilanciato .
Le ragioni della sua longevità (viene a tutt'oggi costruito ed utilizzato) stanno nella sua affidabilità ed economicità; la mancanza di controllo della pressione intermedia viene compensata da un'affidabilità a prova di bomba.

Lo stesso concetto venne applicato, nella metà degli anni 60, anche ai secondi stadi: fu così creata la valvola "Downstream Classica" e, se si fa eccezione per alcuni piccoli ritocchi, è rimasta praticamente inalterata fino ad oggi.

Il termine "downstream" si riferisce alla direzione in cui si apre la valvola. Infatti il sistema downstream si apre nella stessa direzione del flusso d'aria proveniente dal primo stadio. Questa aria in entrata esercita una spinta sull'estremità del poppet (testa della valvola) che costringe la valvola ad aprirsi (downstream); tale forza viene contrastata da una molla, pretarata, che spinge nella direzione opposta (upstream) cioè verso la posizione di chiuso.
La spinta esercitata dalla molla deve essere leggermente superiore alla forza di entrata del flusso in modo che l'ingresso rimanga chiuso fino all'inspirazione da parte del subacqueo.
Lo sforzo di inspirazione richiesto per aprire una valvola downstream è direttamente proporzionale alla resistenza della molla.

Questo sistema consente di proteggere il sub nel caso improbabile (ma non impossibile) di sovrappressione intermedia, infatti ad un aumento della media pressione la forza downstream aggiuntiva farà aprire il poppet spingendolo contro la molla e provocando un flusso d'aria continuo nel secondo stadio.

SECONDI STADI BILANCIATI PNEUMATICAMENTE

Abbiamo visto che nei secondi stadi classici lo sforzo di inspirazione è direttamente proporzionale alla resistenza della molla, quindi al fine di ridurre lo sforzo di distacco (innesco) e di conseguenza il lavoro respiratorio, venne sviluppata, alla fine degli anni sessanta, una valvola downstream detta a " Flusso lineare ", questa consentiva di diminuire la compattezza dell'aria ed il coefficiente di attrito globale.

La leva posta al centro della sede del secondo stadio permetteva un comando più efficiente del flusso dell'aria, la valvola invece, forata al centro del poppet, consentiva all'aria di passare nel suo interno per finire in una camera di espansione posta all'estremità della valvola stessa, che andava a contribuire alla spinta della molla di chiusura.
Questo sistema consentiva, e consente tuttora, di avere una molla più piccola e più morbida e di ridurre lo sforzo di distacco.
Con il passare degli anni questo sistema è stato perfezionato fino ad arrivare ad un erogatore con le stesse caratteristiche di valvola, ma con in più una regolazione che permetteva di indurire od ammorbidire, anche durante l'immersione, la spinta esercitata dalla molla sul poppet.

EROGATORI SERVOASSISTITI

Erroneamente considerati "upstream", gli erogatori con secondo stadio con valvola servoassistita sono dei sistemi con elevate prestazioni di erogazione e affidabilità, grandi portate d'aria e semplicità di costruzione. Il più conosciuto è il "Jetstream" della svedese Poseidon, di cui andiamo ad analizzare le caratteristiche tecniche.

PRIMO STADIO

a membrana bilanciata con sistema di sovrappressione

PORTATA ARIA 1° STADIO

1.500 litri al minuto

PORTATA ARIA 2° STADIO

1.500 litri al minuto, sistema di sovrapressione integrato nella frusta

PROVENIENZA 2° STADIO

destro/sinistro

USCITE L.P.

4, di cui una preferenziale

USCITE H.P.

2

ATTACCO DIN

di serie a 300 bar

 

Il primo stadio Poseidon si avvale di un sistema a membrana con valvola di alta pressione conica inox battente su una pastiglia di teflon; la camera d'espansione, che ospita della membrana, funziona anche da taratura, quindi il serraggio va eseguito con una chiave dinamometrica al fine di avere una taratura più precisa.

1   1° Stadio
2   2° Stadio
3   Commutatore
4   Valvola di sicurezza

Il secondo stadio, come già detto, è servoassistito. L'aria proveniente dal primo stadio passa attraverso una valvola espandibile ed un condotto che termina con una servovalvola, non trovando sfogo (nel momento in cui il sub non respira) l'aria riempie tutto il condotto ed espande la valvola, la quale andrà ad occludere dei fori collegati alla stessa scatola del secondo stadio, quindi direttamente al boccaglio.
Quando il sub compie l'atto inspiratorio creerà una variazione della pressione all'interno della scatola, il sistema sbilanciato consentirà alla valvola di collassare e quindi aprire il condotto che porta aria al subacqueo.
Questo sistema consente di muovere masse d'aria notevoli (1.500 litri al minuto) con uno sforzo minimo d'apertura da parte del subacqueo a qualsiasi profondità.

Un erogatore con queste portate d'aria e con questo sistema di secondo stadio deve avere dei sistemi di sicurezza da sovrapressione. Il Jetstream ne incorpora due.
Uno sitrova nel primo stadio. Una valvola si apre automaticamente quando la pressione intermedia supera i 16 bar, consentendo di scaricare l'aria in eccesso (circa 6 bar) e di mantenere la media pressione più vicina possibile ai valori ottimali.
Il secondo sistema di sicurezza è costituito da una valvola di sovrapressione incorporata nella frusta all'altezza dell'innesto al 2° stadio. Questa valvola si attiva quando la media pressione supera i 16 bar scaricando automaticamente l'aria in eccesso ed evitando getti di sovraflusso indesiderati, consentendo quindi al sub di mantenere in bocca il secondo stadio.

 

Nota: il termine "jetstream" deriva dalle enormi correnti d'aria che si incontrano ad alta quota e che corrono a svariate centinaia di chilometri orari.

 Continuando l'analisi tecnica degli erogatori, dopo aver analizzato il Poseidon Jetstream, passiamo ora al Kirby Morgan.

Erogatore per uso professionale, viene impiegato (il 2° stadio) sui caschi della D.S.I. per immersioni lavorative che vanno dal basso fondale fino a 50 mt. o per altofondale con sistemi di saturazione.
La sua peculiarità è la semplicità su cui si basa il suo funzionamento.

Il primo stadio del tipo a pistone bilanciato è composto essenzialmente da 3 parti fondamentali: il corpo dove alloggia la battuta di teflon di H.P. e la brida di montaggio alle bombole; il pistone pre assemblato con la molla, il piattello e il dado di regolazione; la calotta che funge da camera di bilanciamento.

Kirbi MorganCome abbiamo detto il sistema è a pistone bilanciato, ma il sistema di battuta sulla pastiglia è più simile ai migliori modelli a membrana.
Come abbiamo visto nelle pagine precedenti, nei sistemi a pistone bilanciato, lo stesso pistone termina a battuta sulla pastiglia determinando la chiusura del sistema; nel Kirby Morgan il pistone termina conicamente e chiude su di un anello in teflon. Questa soluzione ci assicura un'ottima tenuta ed una minima usura dello stesso pistone, oltre ad una più rapida manutenzione.
Il primo stadio non presenta la classica torretta girevole delle prese di bassa pressione, seguendo i criteri adottati nell'immersione professionale dove si cerca di ridurre al minimo indispensabile i punti di giunzione con Oring al fine di aumentare la sicurezza.

Il secondo stadio, completamente in ottone cromato, acciaio inox (in alcuni componenti) e bronzo (per il deflettore di flusso), già alla prima occhiata da una sensazione di robustezza assoluta confermata anche dal peso alquanto elevato rispetto ai più diffusi erogatori commerciali in metallo.
Nel secondo stadio un regolatore di flusso ci da la possibilità di personalizzare il sistema secondo le nostre esigenze, consentendoci di ridurre lo sforzo di distacco al minimo e di ottenere un leggero sovrafflusso in massima apertura, utile in caso di affanno o lavoro pesante.

Il Kirby Morgan viene equipaggiato di serie con Oring in viton (originali) e può essere usato con miscele che usino elio come diluente.
L'analisi generale è quella di un erogatore in classe "A" affidabile e robusto anche in situazioni di lavoro molto pesante ed a profondità da tech-diver ed oltre, infatti il suo secondo stadio viene impiegato su sistemi professionali del tipo Exo26 o Kirby Lite 16-17 e Superlite.


Negli argomenti trattati precedentemente abbiamo visto che esistono diversi sistemi di bilanciamento del 2° stadio: meccanico, down stream a flusso lineare, bilanciamento pneumatico e servoassistito.
Quello che analizzeremo ora è invece un secondo stadio a bilanciamento coassiale : il D400 della Scubapro.

erogatore4_06.jpg (6432 byte)

D400Nipote del ben noto Air 1 e figlio del più attuale Pilot (nome derivato dalla valvola del 2° stadio, detta appunto "pilot valve") il D400 è un secondo stadio che incorpora una valvola di bassa pressione tecnologicamente tra le più avanzate, definita a bilanciamento coassiale . Il termine in se stesso ci dice poco, ma proviamo, con l'ausilio delle immagini, a capire quali siano le caratteristiche che fanno di questo sistema un secondo stadio dalle prestazioni assai elevate a "prova di corallaro".

Intanto, quello che ci salta subito all'occhio è la forma inusuale rispetto alla maggioranza degli altri secondi stadi. Il corpo è protetto da una calotta in gomma in cui alloggia il secondo stadio vero e proprio.
D400
Il D400 si discosta totalmente dagli erogatori convenzionali anche per quello che riguarda il sistema membrana/valvola di scarico, che sono inglobate in un unico elemento; questo fa si che lo sforzo di esalazione dell'aria rimanga a livelli bassissimi proprio per le dimensioni generose della valvola di scarico, inoltre tutta la superficie anteriore funziona da pulsante di erogazione consentendo un facile utilizzo anche con guanti di elevato spessore o addirittura con moffole a tre dita.
Immediatamente sopra la calotta troviamo un pulsante a cursore che permette di regolare la posizione su "Dive" o "Pre dive" per consentire di ridurre la sensibilità qualora si intendesse usare il D400 come fonte d'aria alternativa.
D400
 
La tecnica di costruzione della valvola di questo secondo stadio fa si che le parti esposte alla pressione intermedia (circa 10 bar) siano quasi di uguale superficie, quindi la forza esercitata dalla pressione sulle due facce contrapposte della valvola è praticamente la stessa, ciò crea un esatto equilibrio ed un annullamento della forza stessa: basterà perciò una pressione minima della molla per tenere chiuso il flusso dell'aria e di conseguenza occorrerà anche una minima differenza di pressione per aprirlo.
Questo secondo stadio così costruito non ha bisogno di sistemi di regolazione di flusso.

OCTOPUS

Quando ci si accinge ad immergersi per la prima volta, uno dei dubbi che angosciano i neofiti è sicuramente la possibilità che, ad un certo punto, si possa rimanere senz'aria mentre si è ancora sommersi dall'acqua.
Tuttavia, come si apprende in breve frequentando un apposito corso subacqueo, questa è in realtà un'evenienza quanto mai rara e per evitarla è sufficiente attenersi alle procedure insegnate: check dell'attrezzatura prima dell'immersione e frequente controllo del manometro mentre si è in acqua.
Qualora, comunque, per un qualsiasi e sia pur improbabile motivo, ci si trovasse in immersione con poca o addirittura senz'aria, qualunque corso base prevede l'insegnamento delle procedure standard per poter raggiungere la superficie in sicurezza.
Tra queste, l'utilizzo di una fonte d'aria alternativa è la soluzione più comoda ed efficace.
Da diversi anni, ormai, il suo impiego è stato infatti reso obbligatorio da numerose organizzazioni didattiche non soltanto durante i corsi, ma anche nelle immersioni a carattere ricreativo.

La fonte d'aria alternativa consiste semplicemente in un erogatore supplementare che il subacqueo deve sempre portare con sè in immersione; diversi, comunque, sono i sistemi che possono essere utilizzati per raggiungere questo scopo:
. l'octopus,
. un secondo erogatore completo di I° e II° stadio,
. un II° stadio collegato alla frusta di bassa pressione del GAV,
. un bombolino secondario dotato di I° e II° stadio (pony tank),
. lo Spare Air (che consta anch'esso di una piccola bombola aggiuntiva con erogatore incorporato).
Se questi ultimi tre sistemi non sono poi così diffusi, vuoi per motivi di scomodità, ingombro o costi, un numero sempre crescente di subacquei ha adottato invece l'abitudine di utilizzare due secondi stadi montati su di un unico I° stadio.
Questo sistema è stato denominato "octopus", per la vaga somiglianza che assume nei confronti dell'omonimo animale marino quando completo e cioè dotato anche di frusta a bassa pressione per il GAV e di quella ad alta pressione per il manometro o la consolle.
L'octopus offre sicuramente molti vantaggi pratici quali minor ingombro e peso (importanti soprattutto in viaggio), necessità di un solo attacco sulla rubinetteria della bombola, oltre ad una maggior comodità e velocità nell'assemblaggio.
Ne consegue anche un suo ridotto costo d'acquisto e, successivamente, per la sua corretta e periodica manutenzione.
L'uso, invece, di un secondo erogatore separato, completo di I° e II° stadio, è stato molto più diffuso fino a qualche anno fa, tant'è che per molti risulta ancora la scelta preferita.
Esso richiede che la bombola sia dotata di rubinetteria bi-attacco, ha un costo maggiore (necessita infatti dell'acquisto di due primi stadi separati), ma è ritenuto più sicuro e rimane comunque di prima scelta, se non addirittura obbligatorio nel caso si effettuino d'abitudine immersioni piuttosto profonde, impegnative o in situazioni particolari, come nelle immersioni definite "tecniche" (in grotta, nei relitti, con l'uso di miscele).
Molto spesso abbiamo avuto modo di sentire opinioni a sfavore dell'utilizzo dell'octopus, per lo svantaggio che ne può derivare in termini di sicurezza: un qualsiasi inconveniente all'unico I° stadio, infatti, si trasmetterebbe ad entrambi i II° stadi, escludendo la possibilità di chiudere il rubinetto dell'erogatore difettoso e poter raggiungere tranquillamente la superficie indipendentemente dall'aiuto di un compagno di immersione.
Questo problema si è fatto oggigiorno alquanto trascurabile, data l'elevata affidabilità degli attuali erogatori, l'obbligo della fonte d'aria alternativa per tutti i subacquei e l'applicazione del sistema di coppia.

OCTOPUS: PRO E CONTRO

PRO

CONTRO

. minor costo d'acquisto e manutenzione
. minor peso ed ingombro
. più facile assemblaggio
. sufficiente la rubinetteria
mono-attacco

. impossibilità di escludere un solo erogatore in caso di guasto
 

L'entrata in vigore della normativa europea EN 250, nel marzo '93, ha oltretutto di fatto eliminato dal mercato i modelli meno efficienti.
Essa infatti, tra le altre cose, stabilisce limiti ben precisi per quanto riguarda le performances che un erogatore deve dimostrare di possedere per poter essere accettato; queste norme molto severe hanno fatto sì che qualunque erogatore "omologato" sia perfettamente idoneo a supplire le nostre esigenze respiratorie in qualsiasi situazione e sia "fail safe", cioè "a prova di rottura", così che in caso di guasto, evenienza estremamente rara se l'attrezzatura viene opportunamente "manutenzionata" e revisionata, non blocchi il passaggio dell'aria bensì vada in erogazione continua, permettendo così la respirazione da parte del sub.
Queste opportunità, oltre alla non meno importante abitudine di immergersi rigorosamente in coppia, hanno fatto sì che la scelta di utilizzare l'octopus stia man mano prendendo il sopravvento, considerato soprattutto il fatto che spesso nei mari tropicali (a meno di non appoggiarsi a Centri italiani) non è possibile utilizzare altro sistema, dato che le bombole sono tutte del tipo monoattacco, quindi anche coloro che preferiscono utilizzare i due primi stadi indipendenti sono costretti a modificare ad hoc il proprio erogatore, a meno di portare con sé anche uno sdoppiatore da collegare alla rubinetteria della bombola.

 

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